22.08.2017

I valdesi pronti ad aprire all’eutanasia

I valdesi pronti ad aprire all’eutanasia

“Capire le ragioni di chi è sofferente”. Al Sinodo di Torre Pellice il testo della Commissione Bioetica delle Chiese battiste, metodiste e valdesi in Italia.

Articolo di Andrea Rossi su La Stampa – Per ora tutto è racchiuso in un documento di diciassette pagine che approderà oggi al Sinodo di Torre Pellice. Un testo che apre all’eutanasia, a differenza della chiesa cattolica e della maggior parte di quelle protestanti. L’ha redatto la Commissione Bioetica delle Chiese battiste, metodiste e valdesi in Italia, organismo di cui fanno parte undici tra teologi, professori universitari, medici, giuristi, pastori, che dal 1992 si occupa delle questioni etiche poste dalla scienza alla fede. Ci hanno lavorato per due anni. Non senza dividersi, come divisa è la comunità valdese: alla fine in tre non l’hanno votato.

Il testo verrà presentato all’assemblea che richiama rappresentanti da tutto il mondo e poi trasmesso alle comunità, discusso ed eventualmente recepito tra un anno. Un percorso lungo e tortuoso che propone di considerare l’aiuto al morire non necessariamente come la massima espressione dell’autonomia individuale ma, in casi specifici ed eccezionali, come l’espressione di una pluralità di principi: l’amore per chi soffre, la giustizia intesa come equità d’accesso alle possibilità che la medicina mette a disposizione, il rispetto di una società pluralistica di cui le confessioni religiose devono tenere conto.

Il documento – precisa Luca Savarino, docente di Bioetica all’Università del Piemonte orientale e coordinatore della Commissione – è un contributo. «Diventerà la posizione ufficiale della chiesa valdese solo se e quando verrà recepito». Ma è l’ultimo tassello di un dibattito nel protestantesimo europeo che dura da quarant’anni e vede fronteggiarsi due posizioni. La prima, maggioritaria, ritiene lecita la rinuncia o la sospensione dei trattamenti, compresa l’idratazione e l’alimentazione artificiali, nei pazienti in stato vegetativo persistente, ma non il suicidio assistito: un conto è uccidere, altro è lasciar morire; il rischio di abusi è troppo alto; e il diffondersi delle cure palliative ridurrà la richiesta sociale di eutanasia.

La seconda posizione, cui la Commissione bioetica si è ispirata, fatte salve la dignità di ogni essere umano che non viene mai meno e il concetto che la libertà umana non sia assoluta autodeterminazione, considera altri aspetti. «In una discussione sul fine vita occorre assumere primariamente il punto di vista della persona sofferente e solo in seconda istanza quello del medico e della società», spiega Savarino. «E da un punto di vista morale eutanasia e suicidio assistito non sono necessariamente atti arbitrari ed egoistici».

La discussione arriva a vent’anni da un primo documento in cui i valdesi si erano dimostrati possibilisti. Nel frattempo le cose sono cambiate: «C’è stato un enorme sviluppo delle cure palliative e possiamo discutere avendo a disposizione i dati epidemiologici di quei paesi che hanno legalizzato o depenalizzato l’eutanasia, come Belgio, Olanda, Svizzera», dice il docente.

Resta un caposaldo: una diagnosi medica rigorosa che prevenga abusi e leggerezze. «Una società non può aiutare qualcuno a morire per un disagio che è lei stessa a provocare, ad esempio la mancanza di cure», ragiona Savarino. «Ma ci sono casi limite in cui si deve prendere atto del fatto che tutte le armi a disposizione per ridurre il dolore sono insufficienti e dare una risposta all`eventuale richiesta del malato».

ALTRI ARTICOLI

Ultimi articoli