17.01.2014
La Supreme Court of Canada ha accettato di rivede il divieto di suicidio assistito del 1993 riaccendendo nel Paese il dibattito sulla possibilità, senza incorrere in reati, a quella che in Italia Piergiorgio Welby definiva “morte opportuna”. A rilanciare la questione sono stati i casi dell’attivista Gloria Taylor e quello di Kay Carter.
Il 15 giugno 2012, la Corte suprema della Columbia britannica, una delle Provincie del Canada, ha stabilito che vietare il suicidio assitito equivale a negare piena uguaglianza delle persone con disabilità ed è quindi incostituzionale. La stessa Corte ha quindi accolto il ricorso presentato da Gloria Taylor (64 anni e malata di Sla), Lee Carter e suo marito Hollis Johnson (che hanno aiutato la madre di lei a ricorrere al suicidio assistito in Svizzera), da William Shoichet (medico) e dalla British Columbia Civil Liberties Association.
In Canada il suicidio non è illegale in sé e una legge che vieta il suicidio assistito – come quella in vigore in Canada contro la quale è stato presentato il ricorso su cui ora si dovrà esprimere la Supreme Court of Canada – viola l’articolo 15 della Carta canadese dei diritti e delle libertà che tutela il diritto all’uguaglianza: per garantire tale uguaglianza, secondo il giudice Lynn Smith, è necessario permettere a tutte le persone di porre fine alla propria vita, indipendentemente dalle loro condizioni fisiche.
La legge che non permette il suicidio assistito non ripetta inoltre l’articolo 7 della Carta che garantisce il diritto (e non il dovere) alla vita e alla libertà.
Come si esprimerà la Corte Suprema del Canada, che è Corte federale nonché giudice di costituzionalità potendo disapplicare una legge incostituzionale, lo scopriremo nei prossimi mesi.