15.11.2016

Veronesi: ecco l’ultima iniziativa, per la libertà di morire

Veronesi: ecco l’ultima iniziativa, per la libertà di morire

Il documento della Fondazione Umberto Veronesi, pubblicato dal Sole24ore , è il testamento politico dello scienziato, frutto di un lavoro approfondito e di una serie di audizioni, tra le quali quella di Marco Cappato.

Il documento della Fondazione Umberto Veronesi, pubblicato dal Sole24ore , è il testamento politico dello scienziato, frutto di un lavoro approfondito e di una serie di audizioni, tra le quali quella di Marco Cappato.

Morire è un’esperienza sempre più medicalizzata e impersonale. Se da un lato il progresso biomedico ha permesso di ottenere enormi benefici in termini di vite salvate e di qualità della vita dei pazienti, dall’altro ha però contribuito ad allontanare la morte dalla nostra esperienza quotidiana. Oggi si muore sempre più spesso in ospedale, soli o circondati da un’équipe di professionisti e da macchinari, invece che a casa insieme ai propri cari.

 

Paradossalmente, proprio quando la tecnologia è sempre più capace di posticipare, dilatare, sospendere e a volte invertire il naturale processo del morire, le persone sono sempre meno libere di prendere decisioni riguardo alle modalità e ai tempi della propria morte. Sempre più spesso, inoltre, si ricorre a pratiche con finalità compassionevoli ma clandestine, che espongono i pazienti a ulteriori sofferenze e chi li assiste a rischi di tipo giudiziario. Questo a fronte di un consenso costantemente crescente da parte dell’opinione pubblica verso modalità attraverso cui anticipare la morte in caso di gravi malattie, sofferenze non controllabili e sintomi refrattari.

Il Comitato etico della Fondazione Umberto Veronesi reputa che, in una democrazia liberale caratterizzata da un pluralismo etico strutturale, in determinate circostanze e a determinate condizioni sia eticamente lecito chiedere di porre fine anticipatamente alle proprie sofferenze con dignità e poter aiutare i pazienti a farlo.

Ai fini di questa Mozione, il Comitato etico si riferisce unicamente ai profili etici della questione, rimandando ad altra sede la discussione giuridica, e intende per eutanasiaun’azione o omissione che per sua natura e intenzionalmente anticipa la morte di un paziente che lo abbia liberamente ed espressamente richiesto. L’eutanasia può talora assumere il carattere di suicidio assistito qualora le circostanze cliniche lo consentano e il paziente lo preferisca. Riguardo poi alla finalità dell’eutanasia, così come viene intesa in questo documento, essa è quella di porre fine al dolore e alle sofferenze del paziente e di migliorare la qualità del processo del morire.

A parere del Comitato etico, i fondamenti della liceità etica del ricorso all’eutanasia e della sua legittimità risiedono:

a) nel rispetto dell’autonomia personale del paziente, per la quale egli può prendere decisioni circa la propria vita che siano indipendenti e libere da interferenze esterne;

b) nel fatto che è il paziente stesso che assume la decisione di ricorrere all’eutanasia colui che sopporta la larghissima parte delle conseguenze della propria scelta;

c) nel convincimento che non sarebbe onesto né giusto esigere da un paziente gravemente sofferente comportamenti supererogatori;

d) nella considerazione che non può esistere un’indisponibilità assoluta della vita;

e) nel riconoscimento che il progresso tecnologico della biomedicina allunga artificialmente le fasi terminali e agoniche, oltre limiti inimmaginabili solo qualche anno fa, col che consegnando a sofferenze intollerabili e crudeli pazienti che prima degli attuali avanzamenti della medicina tecnologica non sarebbero rimasti in vita così a lungo.

Esistono poi ragioni empiriche per non opporsi a questa visione: laddove l’eutanasia è legale, maggiori sono le garanzie per i pazienti terminali circa la volontarietà delle decisioni mediche di fine vita; il numero di morti per eutanasia legale assomma a non oltre l’1-2% delle morti totali e, comunque, a causa della cogenza di requisiti e procedure di garanzia, le richieste della maggioranza dei pazienti non vengono ammesse; nella larghissima parte dei casi, l’accorciamento della vita del paziente non supera una settimana o addirittura qualche ora rispetto al naturale decorso della fine della vita; il timore che ad accedere all’eutanasia legale siano le categorie vulnerabili – i.e. i più poveri, gli anziani, i disabili, gli illetterati – non ha riscontro in alcun Paese e, viceversa, i dati dimostrano che a fare maggiore ricorso alla pratica legalizzata sono uomini di età media che non versano in alcuna delle condizioni descritte.

Per queste ragioni, nel quadro dei fondamenti etici sopra illustrati, il Comitato sostiene la possibilità che una persona malata possa decidere se e comeanticipare la propria morte e auspica un intervento normativo che, nel più breve tempo possibile, renda l’eutanasia concretamente esercitabile anche in Italia, naturalmente con le garanzie e le tutele più opportune. È infatti urgente e indifferibile che le uniche risposte a un fenomeno sociale di questa portata non restino le norme sul suicidio assistito e sull’eutanasia che nei fatti oggi consegnano le persone alla clandestinità (2).

A parere del Comitato, criteri, condizioni e presupposti per legalizzare l’eutanasia sono che:

1) il paziente sia capace di intendere e di volere e abbia espresso la propria esplicita, univoca, autonoma e reiterata volontà eutanasica;

2) la valutazione di tale capacità sia operata da un medico indipendente dall’équipe che porterà a termine la procedura;

3) la volontà del paziente sia il frutto di una scelta basata su informazioni sanitarie complete, chiare e comprensibili per quella specifica persona;

4) il paziente sia stato informato sulle possibili strategie alternative e in particolare su quelle palliative, nonché sulla sedazione profonda temporanea o intermittente;

5) la volontà di accedere all’eutanasia sia revocabile in ogni momento e con modalità molto semplici;

6) il paziente sia in fase terminale e affetto da una patologia connotata da uno stato di sofferenza fisica insopportabile, incurabile e con sintomi refrattari;

7) ogni procedura clinica venga condotta secondo le migliori pratiche definite a livello internazionale dalle società scientifiche e preveda il coinvolgimento di un’équipe medica simpatetica; (3)

8) ogni pratica eutanasica comporti la revisione del caso ex post da parte di un organo di controllo indipendente.

Il Comitato è consapevole che la discussione sulla libertà e la concreta facoltà di decidere se e come anticipare la propria morte non riguarda unicamente i malati terminali e, in particolare, quelli per i quali a oggi non è ancora possibile controllare il dolore e i sintomi più gravosi. È consapevole altresì che, viceversa, si tratta di una questione assai più ampia e universale e di scelte tragiche cui ciascuno di noi potrebbe essere prima o poi chiamato, per sé o nell’assistere altri che lo abbiano liberamente richiesto. Tuttavia, il Comitato intende limitare la portata della Mozione unicamente all’eutanasia praticata nelle sole circostanze sopra descritte (sostanzialmente, in caso di terminalità e sofferenza non controllabile).

Sul piano giuridico, pur nella difficoltà di normare la materia che inevitabilmente non può essere regolata nella sua interezza e complessità, a parere del Comitato Etico, ogni sforzo può e deve essere compiuto perché si regoli la materia senza eccedere in una burocratizzazione della morte e, d’altro canto, perché le garanzie e le tutele siano solide e incontrovertibili.

Privilegiare soluzioni giuridiche razionali, fondate sulla conoscenza della realtà, rispetto a dispute meramente ideologiche, consentirebbe di ridurre il numero delle “cattive morti evitabili”. Inoltre, anche se il ricorso effettivo all’eutanasia riguarda fortunatamente solo poche persone, l’idea stessa che esista un’opzione di scelta nelle decisioni mediche di fine vita potrebbe migliorare la qualità del processo del morire di tutti, rendendo più sopportabile il dolore psichico e in definitiva conferendo dignità alle fasi finali dell’esistenza.

1) Il documento è stato redatto da Cinzia Caporale, Marco Annoni e Umberto Veronesi. Alla votazione si sono astenuti: Antonio Gullo, Marcelo Sánchez Sorondo, Paola Severino e Elena Tremoli. Il Comitato ringrazia Marco Cappato, Vittorio Feltri e Vittorio Guardamagna che sono stati auditi sulla materia.

2) Resta inteso che nel nostro ordinamento il rifiuto delle cure è del tutto lecito e che, altresì, è vietata ogni forma di accanimento terapeutico.

3) In nessun caso, cioè, un medico dovrebbe essere obbligato a praticare un’azione esplicitamente eutanasica

La Mozione sui profili etici dell’eutanasia che qui pubblichiamo integralmente è stata approvata a maggioranza dal Comitato Etico della Fondazione Umberto Veronesi. Ne sono autori Umberto Veronesi, Cinzia Caporale e Marco Annoni. Il testo verrà pubblicato sul secondo numero della rivista The Future of Science and Ethics edita dalla Fondazione, il 30 novembre prossimo.

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